27 Nov Elisabetta Gonzaga e l’enigma dello scorpione “che la signora Duchessa porta in fronte”
I loro ritratti si trovano oggi nella nuova Sala che la Galleria degli Uffizi ha voluto dedicare a Raffaello e Michelangelo, la n. 41 del Corridoio di Ponente, dove vengono celebrati i due grandi Maestri del Rinascimento che tra il 1504 e il 1508 si trovavano ambedue a Firenze. Elisabetta Gonzaga e Guidobaldo da Montefeltro Duca di Urbino così come ce li ha abilmente tramandati Raffaello Sanzio giunsero a Firenze nel 1625 con la dote di Vittoria della Rovere, formano una sorta pendant, a mezza figura, di fronte, pose statiche e leggermente impacciate che per lungo tempo hanno favorito altre attribuzioni.
Guidobaldo indossa una berretta nera e una camicia con una casacca dello stesso colore con un tessuto ricamato in argento e piccoli motivi geometrici, mentre particolarmente pregiato è l’abito di Elisabetta, forse in velluto nero con intarsi geometrici in oro e uno scollo quadrato circondato da un bordo dove sempre in oro troviamo un’importante decorazione simbolica.
I gioielli sono rappresentati da una lunga catena che forma un nodo al centro, mentre ai lati viene lasciata sciolta, semplice senza alcun ciondolo o elemento di preziosità. E’ probabile che i capelli siano raccolti in un coazzone, la lunga treccia di gran moda in epoca rinascimentale, così come venne immortalata sulla medaglia di Adriano Fiorentino del 1495 oggi conservata al British Museum, e sulla fronte la lenza o ferronière che serviva per reggere la rete che avvolgeva l’acconciatura.
Proprio nel centro l’unico gioiello è a forma di scorpione, forse un’impresa, che richiama quello a forma di S ricordato da Baldassare Castiglione nel suo Cortegiano, il gioiello “che la signora Duchessa porta in fronte” e tra i tanti significati che per lungo tempo in molti hanno ricercato, forse il più verosimile è quello che vede lo scorpione quale segno zodiacale legato alla riproduzione, sorta di talismano personale contro la sterile relazione con il duca di Montefeltro che la rese “vidua” in vita.
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